Durante un intervento, (118 codice verde) l’equipaggio di BLS della Croce Bianca di Brescia sezione di Montichiari formato da me, da altri due colleghi, abbiamo valutato la possibilità di utilizzare il “K.E.D. Verde” in una situazione nella quale il paziente non era vittima di incidente ma bensì di caduta accidentale con una dinamica che ci permetteva di analizzare senza compromettere le sue condizioni cliniche.
In merito a ciò faccio riferimento all’evento nel quale la paziente (donna di 94 anni) è caduta dal divano di casa sua.
Al nostro arrivo troviamo la paziente seduta in posizione di “dolore” sul divano (riposizionata dalla figlia come spesso accade…) alla prima valutazione, l’arto inferiore sinistro è stato rivenuto, “accorciato” rispetto al destro, con una evidente estroflessione verso l’esterno del piede, e un notevole gonfiore all’anca sinistra in prossimità della cresta iliaca.
Nel frattempo immobilizzavamo il rachide cervicale facendo seguito una valutazione ABCDE, si valutava quale presidio scegliere più adatto per l’immobilizzazione e lo spostamento con conseguente caricamento della paziente sulla barella che avevamo identificato come la parte più problematica e dolorosa dell’intervento.
Ribadisco che la stessa era molto dolorante al tatto in zona gonfiore dell’anca.
Il collega dopo aver posizionato la barella alla posizione più consona, con sopra il materasso a decompressione, in prossimità del divano.
La decisione di rendere ancora più protetta la zona dolorante e solidale, prima di uno spostamento, è stata identificata nelle stecco bende a decompressione (AS190), ma durante la fase di inserimento il dolore è aumentato, non permettendoci di risolvere.
Dopo una rapida consultazione con i colleghi, decido di utilizzare il “K.E.D. Verde”.
L’applicazione del presidio, è avvenuta in questo modo:
il collega ha mantenuto l’arto inferiore sinistro della paziente manualmente alzando lo stesso quel tanto da poter infilare prima la parte dorsale del K.E.D. fino ad immobilizzare il bacino/anca.
Chiuse le cinture, successivamente ho immobilizzato le gambe con le ali “sommitali” del K.E.D. appositamente chiuse e fissate con le apposite fasce “fermacapo”.
Finita l’applicazione del K.E.D., abbiamo trasferito la paziente sul materasso a decompressione facendola scivolare grazie a panne e lenzuola, in questo modo, abbiamo unificato le masse, per ridurne le sollecitazioni e con grande successo anche la riduzione del dolore.
Prima dell’irrigidimento del materasso abbiamo provveduto con cautela alla rimozione del K.E.D.
Completato l’irrigidimento del materasso e controllato i parametri della signora, siamo partiti verso l’ospedale, riducendo al velocità di trasporto al minimo consentito dal codice della strada.
Sono rimasto soddisfatto sull’utilizzo del K.E.D. soprattutto per non aver creato ulteriore dolore alla paziente durante la movimentazione, ma anche di aver utilizzato il presidio secondo il manuale istruzioni.
Saluti a tutti
Paolo Saleri