Ciascun corpo persevera nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme, fino a quando ad esso non siano applicate forze esterne che ne modificano lo stato.
Il cambiamento di moto è proporzionale alla forza risultante motrice impressa, ed avviene lungo la linea retta secondo la quale la forza è stata impressa.
I concetti sopra esposti “sui principi di dinamica dei corpi” vengono esasperati ovviamente quando ci si riferisce a veicoli d’emergenza che trasportano pazienti pediatrici e, soprattutto, alle cosiddette “termoculle”.
Qualora il trasporto non avvenga in modo corretto, il rischio è quello di mettere a repentaglio la vita di tutti coloro che si trovino all’interno del veicolo stesso. A tale proposito, ricordiamo che, in una situazione di emergenza, un paziente o i parenti al seguito non hanno molte possibilità di scelta relativamente al veicolo che effettuerà il trasporto né, durante il medesimo, possono prendere decisioni in merito.
Un concetto che deve essere patrimonio di tutti i soccorritori è che non essendo il bambino un piccolo adulto, per il trasporto di un paziente pediatrico non possono essere “adattati” i presidi in uso per un adulto! Non è pensabile neppure “adattare” un dispositivo sviluppato, testato e certificato per un altro scopo (sempre che la casa costruttrice, non ne divulghi informazioni corrette e ne rappresenti l’utilizzo nel manuale d’istruzioni del presidio).
Consideriamo un piccolo paziente che si trovi all’interno della “termoculla”: esso viene normalmente appoggiato alla superficie che costituisce la base del dispositivo; in molti casi i vari circuiti, tubi di raccordo, apparecchiature medicali e altro possono impedire di utilizzare le due strisce in Velcro® che si trovano all’interno della termoculla, e che consentono di solito di immobilizzare il piccolo, al fine di ridurgli le sollecitazioni cui può essere sottoposto.
In caso di accelerazione o decelerazione del veicolo, quindi, tutto ciò che in esso è contenuto e che si muove alla stessa velocità tenderà a rimanere in movimento!
I movimenti conseguenti all’accelerazione/decelerazione non riguarderanno quindi solo per esempio la termoculla, ma anche quanto in essa è contenuto! A tale scopo, sono stati sviluppati sistemi di immobilizzazione per il trasporto dei ti neonati, adattabili ed idonei a tutti i sistemi di termoculle.
La chiave di volta alla soluzione del problema sta, oltre nell’ovvia necessità di vincolare il bimbo dentro alla termoculla, anche nel considerare come la termoculla sia vincolata alla barella o al mezzo che la trasporta.
Spesso, in realtà, questi dispositivi vengono “adattati” da chi allestisce il veicolo sanitario prima della vendita e della messa su strada; a volte sono direttamente gli acquirenti che, avendo una o più ambulanze a disposizione, richiedono ad un tecnico di realizzare un “qualche sistema” che consenta di caricare e vincolare il sistema alla barella o all’ambulanza.
Si tratta, come nel caso descritto precedentemente, di un grave errore concettuale. Il produttore del veicolo, infatti, ne certifica adeguatezza e conformità in quanto tale; il produttore della barella, la certifica e la garantisce in quanto tale; il produttore della termoculla non farà altro che disporsi alla normativa come i precedenti.
In altre parole: oltre alla necessità di avere la certificazione e la conformità di ciascun elemento, occorre che i mezzi e i dispositivi che rendono solidale il “blocco” pianale di carico/barella/termoculla siano testati e certificati con prove effettuate non dalla singola azienda costruttrice ma da enti esterni, che ne garantiscano conformità ed efficacia attraverso la riuscita dei test di trattenuta garantiti fino a 10G.
Quindi: non tre certificazioni (una per ogni elemento), ma una sola che garantisca e certifichi tutto il sistema come idoneo al trasporto.
In conseguenza a tutto il discorso di cui sopra, valga un solo esempio. Una barella che trasporti una termoculla non certificata, quindi adattata, pesa all’incirca 180 kg (completa di tutti i dispositivi accessori); fissata ad un veicolo che si muove a 36 Km/h, in caso di improvvisa decelerazione o peggio di impatto, sviluppa una forza di 1800 kg, che a 72 Km/h diventano 13700…
Tramite l’utilizzo di un accelerometro, sono stati misurati gli stimoli vibratori presenti durante trasporti di emergenza in ambulanza simulati a livello del materasso dell’incubatrice, dei 2 sedili degli operatori sanitari e dell’autista. Sono state valutate le accelerazioni medie (awz) e le accelerazioni di picco (awpeak) ponderate in frequenza secondo lo standard ISO 2631. I valori di picco vibratorio (11,8 m/s2) a cui è sottoposto il neonato sono elevati in confronto all’accelerazione di gravità (9,8 m/s2) e possono, quindi, indurre ripetuti e bruschi sobbalzi del paziente. La stabilità (intesa come emodinamica, e come condizioni cliniche) di un neonato patologico è facilmente alterabile e la presenza di disturbi ambientali durante il trasporto può peggiorare il quadro clinico. Inoltre, la presenza del non trascurabile livello medio di vibrazione evidenziato in tutte le postazioni può interferire negativamente sull’esecuzione delle manovre assistenziali necessarie alla valutazione e alla stabilizzazione del neonato. La diminuzione dello stress vibratorio all’interno delle unità di trasporto neonatale potrà aumentare la sicurezza per i neonati trasportati, riducendo i rischi a cui sono attualmente sottoposti.
I nuovi sistemi di trasporto neonatale, sono stati sviluppati e testati per migliorare la sicurezza e il confort del piccolo paziente, con alcuni accorgimenti da non sottovalutare: una doppia campana alta per consentire un accesso agevole all’operatore e per limitare le perdite di calore, cosa molto importante in un paziente neonatale. Non chè la cosa più importante la trasparenza è lo spessore di questa che mantiene esterni tutti i rumori cha l suo interno avrebbero un effetto riverbero.
Conseguentemente a ciò, è intuitivo che un qualunque dispositivo sanitario debba rispondere a determinate caratteristiche. Deve rispondere alle normative generali CEI 62.5 e a quelle particolari CEI 62.22 ed essere conforme alle direttive europee sui dispositivi medici 93/42/EEC. Dovrà inoltre essere predisposta una parete abbattibile, preferibilmente lato testa del paziente, che permetta facilmente l’accesso al vano protetto e l’estrazione rapida del neonato, al fine di poter effettuare velocemente tutte le manovre che si rendessero necessarie.
Le “Linee Guida – Bloccoparto dell’ISPELS” recitano a proposito: “L’incubatrice e le strutture tecnologiche per il trasporto neonatale configurano per il personale dedicato e per il neonato rischi aggiuntivi di tipo ergonomico, elettrico, professionale…”. Da questo semplice inciso, si può dedurre che non tutti i sanitari e soprattutto non tutti i soccorritori possono essere ritenuti idonei a trasportare il sistema di termoculla. A garanzia e a tutela del paziente, ma anche dell’intero equipaggio, in ogni team dovrà essere individuato un operatore che sia qualificato alla gestione e alla prevenzione del rischio sia per il paziente trasportato che per l’intero team.
Ancora un piccolo cenno, questa volta relativo al trasporto “intra moenia” dei neonati. Ancora ISPEL dice che: “Per ragioni di natura ergonomica e per motivi di igiene generale, deve essere evitato l’uso di carrelli contenitori di numerose culle per il trasporto del neonato nell’area di degenza de puerperio. Questi carrelli, per dimensioni e per ingombro, rappresentano un rischio di eccessivo carico nella fasi del dislocamento”. Questo ultimo inciso rappresenta, per ora, solo uno spiraglio in cui “curiosare”, riferendosi al trasporto intraospedaliero dei Pazienti. Siamo solo agli inizi, ma il concetto è altrettanto importante, alla pari del trasporto extraospedaliero in emergenza. Alcune Aziende si sono dedicate, già da tempo, alla realizzazione di un sistema “interno” per il trasporto e la gestione del sistema termoculla, garantendo in tale modo non solo il rispetto degli obblighi di legge scritti e codificati, ma soprattutto la sicurezza dei nostri piccoli pazienti.